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“Talking Timbuktu” (World Circuit, 1994)

oggi cambiamo “musica” sì proprio così, oggi mi punge vaghezza di parlarvi proprio di musica, e di un disco che ho faticato moltissimo a reperire ai suoi tempi, cominciamo con una prefazione puntuale di uno che sapeva di letteratura e che scrisse alcune cose in cui io credo molto

“Sostengo che essa(la letteratura) è l’unica risorsa, insieme alla musica, alla “pedagogia degli oppressi” e alla ribellione in favore del liberamente umano (…) che resti a disposizione di chi non voglia essere scivolato nella vasca della
saponificazione globale.”
(Armando Gnisci)

il titolo del disco “”Talking Timbuktu” si può definire evocativo e rievocativo allo stesso tempo, un grande viaggiatore come Bruce Chatwin ci racconta Timbuktu come la città del mito , centro culturale per eccellenza e d’altra parte oggi centro del Mali uno dei più poveri paesi del mondo. ecco la musica di questo disco è proprio evocativa e rievocativa, rivolta al passato, al presente e magari anche al futuro.
questa musica è la storia dell’incontro tra due mondi molto diversi, tra la sabbia del Mali e la Florida, tra il sonhai e il blues, tra chitarre elettriche, calabash e congas
è l’incontro tra Ry coder e Ali Fatka Toure,
alì scrive le camzoni e Ry lo accompagna assecondandolo sempre
sono dieci pezzi che io penso vadano oltre i generi, lenti a volte dilatati, ripetitivi negli accordi e nei riff delle chitarre, sono peazzi dove si notano incroci tra stili differenti e spesso inaspettati
ho avuto la sensazione di una musica spontanea quasi che due mondi diversi si toccassero
Alì diceva: “”quello che voi chiamate blues, per me è sonhai, tanghana, tradizioni musicali del mio paese, se Hooker è i rami e le foglie, io sono le radici e il tronco. Il blues è la musica che l’America ha fatto propria senza riconoscere il suo debito verso l’Africa””
la voce di Toura canta in diverse lingue, Songhai, Bambara, Peul e Tamasheck e racconta d’amore, di donne, di felicità e l’unico pezzo in francese (la lingua coloniale) è Keito e parla del reclutamento dei giovani africani per una guerra che neppure conoscevano

Ali Farka Toure è nato a Nyafunkè, villaggio vicino Timbuktu. Cominciò a suonare sin da bambino, costruendosi il suo primo liuto (djerkel) con una scatola di sardine. Per molti anni suonò nei festival del Mali con un gruppo di colleghi, insieme a i quali lavorava su una barca ambulanza. Solo quarantenne iniziò la carriera solistica che lo portò ad errare attraverso l’ Europa e gli Stati Uniti, affrontando enormi difficoltà (sfruttamento da parte della prima casa discografica) e raccogliendo lentamente sempre maggiori consensi e riconoscimenti prestigiosi come il Grammy Award. Ritiratosi (forse definitivamente) dal mondo musicale, vive nel suo villaggio, dove è considerato una guida spirituale, dedicandosi a coltivare i campi. Per lui questa attività è una sfida, una speranza e un monito per il suo paese affinché le campagne non vengano abbandonate: “Per la mia gente coltivare è indispensabile. Ancora oggi c’ è chi non ha da mangiare. E quando si soffre la fame non si possono nutrire ambizioni. Si può solo pensare a come riempire lo stomaco.”

Ry Cooder è nato a Los Angeles. E’ uno straordinario chitarrista e un grande conoscitore delle radici musicali nordamericane. E’ autore di numerosi lavori per il cinema (basti ricordare la colonna sonora di Paris,Texas). C’ è chi considera la sua intera opera come una lunga colonna sonora per l’epoca in cui ha vissuto e per le epoche che ha immaginato di vivere (Scaruffi). E’ noto anche per aver omaggiato insieme a Wim Wenders la tradizione cubana con il progetto del Buena Vista Social Club e per la collaborazione con musicisti di culture diverse dalla propria.

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Autore: Nonna Pitilla

Beh io sono una "donna, mamma, nonna", in pensione ormai da un po' di anni che ha amato e ama scrivere poesie e favole e cucinare e occuparsi di pittura o meglio di arte in generale. faccio molto volentieri la nonna di una bellissima bimba di 4 anni che è la mia vita, ma non ho abbandonato le mie passioni che volentieri condividerei con voi se volete. Il mio nome è Matilde, ma mia nipote mi chiama così nonna Pitilla... La Pitilla è un tipico pane salentino (lei non poteve saperlo), ma devo dire che mi rappresenta - anche se sono nata e ora vivo a Parma- amo la cucina in tutte le sue forme!

30 pensieri riguardo ““Talking Timbuktu” (World Circuit, 1994)”

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