ho sempre avuto un sogno, una favola che mi racconto, quando il vorticare della vita mi prende e mi rende confusa
In Giordania verso il nord (la zona di Irbid, verso il Golan), esiste una terra chiamata Dogara, un paesaggio molto particolare a tratti deserto di pietre tratti distese di ulivi e tin (alberi di fichi), riassume in sè tutte le anomalie di quella splendida terra
a Dogara vivono da sempre o per lo meno da quando hanno rinunciato al nomadismo una tribu’ di Bedu, ancora con le tende nere grandi, che contengono tutta la famiglia, ci sono le pecore e i cavalli (unico mezzo di trasporto), niente luce. e come miracolo della natura esiste una fonte sorgiva di acqua, che quelli di città hanno tentato in tutti i modi di trasformare in una fabbrica di acqua minerale senza riuscirci per una legge molto particolare per la quale il territorio occupato dai Bedu è loro fin quando lo abitano
I giovani della tribu’, frequentano la scuola e anche l’università, allontanandosi per anni dalla loro tribu’, e poi tornano, difficile resistere alla magia di quel luogo
Incontrai per puro caso questo spazio 38 anni fa e ci ritorno quando il progresso, il dolore mi tolgono il respiro, mi soffocano, mangio tin colti al momento, bevo una incredibile acqua fresca e un tè con un sapore leggermente amaro di el, e ascolto i vecchi che cantano le gesta degli antichi cavalieri accompagnandosi con il rababa
non si avverte il passare del tempo, nemmeno io che a casa sono sempre presa dall’ansia del fare. tutto quello che ti circonda acquista un valore grande, il profumo del gelsomino all’alba, il volare delle mosche, il suono del silenzio, e senti il tuo silenzio e lo vivi fino in fondo
fare il pane, lavare i panni alla sorgente diventano piaceri, quasi avessero dentro una loro armonica leggerezza, guardare i bambini giocare con le pietruzze colorate (chi ricorda il gioco delle biglie?), le loro grida, le loro risate sono in armonia col tutto
all’improvviso sento il bisogno di andarmene, gli affetti lontani, il lavoro, il progresso, la mia musica, la poesia, diventano ugenze, devo andare. ma poi ritorno e riparto e mi chiedo se il mio partire sia la paura del voler rimanere per sempre.
ho fatto un patto con mia figlia, quando verrà la mia ora di lasciarla per sempre, vorrei trovare riposo sotto un albero di tin, forse sarò in pace con la mia voglia dell’Occidene e dell’Oriente e il desiderio di ritorno ad una vita semplice avranno smesso di combattersi fra loro
Bellissima descrizione, ci hai portato lì. Ora vado a capire che albero è il tin.
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Il tin è un albero di fichi grazie!!
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