
ieri sera leggendo un articolo del bellissimo blog di libri di Pina Bertoli , dedicato a Steve McCurry , un grande fotografo autore di quel bellissimo scatto di donna afghana che ha fatto il giro del mondo

mi sono ricordata che conservavo delle foto di donne afhane detenute nel carcere femminile di Kabul e fotografate da Suzanne Plunkett, fotogiornalista dell’Associated Press, New York che è diventata famosa l’11 settembre durante all’attacco alle torri gemelle perchè trovandosi lì per caso con la macchina fotografica fu la prima ad immortale quel terribile fatto
ma lei era da tempo sempre molto attenta a quanto avveniva nel mondo e questa serie di foto scattate nella prigione femminile di Kabul (Afghanistan), sono una testimonianza rara e fuori dagli schemi di un mondo femminile, dove nulla è mutato, anzi in prigione ci sono sempre le stesse donne e i loro figli, una realtà cruda e dura da digerire, ma la condizione della donna non si aiuta esportando la democrazia, perchè alla fine sempre quella è e sempre quella rimane..









quando vidi queste fotografie mi venne l’idea di scrivere questo:
donna accucciata
nel disamore di sempre,
nella inutile speranza
di un giorno chiaro
memoria di una primavera
vissuta negli occhi
di un bimbo allattato al seno
vola il desiderio
oltrepassando il limitare
del cielo e del mare
tocca con dita leggere
la linea sfuggente
di un improbabile approdo
mescolando passione
e ritrosia, dolore
e paura, sorrisi e frustate
di un cuore sfilacciato e stanco.
(a tornare saltellando
sulla spiaggia dell’alba
ancora vorrei)