il silicio eccedente la soglia inerte della battigia a dorsale poggiata sul limine del rosso arancio di un tedioso tramonto
rovina in fragore nell’apogeo incipriato di visi folti di rughe arcaiche e cremisi a pioggia d’estate allineate in archetipi ondulati e migranti in nebbie cineree, scomposte allungate in strade di sudore
le foglie fuggono talvolta come pensieri si annodano ai venti che non osano sfiorare a sfilacciare nuvole in blu d’emozioni volgendo il dorso al sole in nota di luce
si posano in un sogno smarrito in cerca di identità e piano piano diventano abito sul mio corpo sfilato
mi sono persa, il mio cuore è stanco non brama più l’esserti vicino e la memoria non ha più cassetti da aprire
dietro le ciglia della notte ero qualunque cosa tu volessi la bellezza i sensi il sorriso il lamento la femmina l’anima l’amica le tue ferite dolorose le lacrime del cielo il ritornello la conversazione i labirinti il rifugio la dimora il sogno la realtà l’esistenza la pioggia, le rose, il viola, il velluto,
a volte ritornano come flash memorie lontane che si pensava non esistessero più e si fanno avanti come sensazioni per un particolare, per qualche piccola cosa insignificante che ci è rimasta incollata ai pensieri come ci racconta Tenco… quasi sera, e tu eri con me, eravao seduti accanto al mare. e sopra la sabbia, le orme dei nostri piedi scalzi tu mi parlavi, e io guardavo una vela passare: era bianca, era gonfia di vento, era ormai quasi sera. e non ricordo altro, né la voce che avevi, né il nome che avevi, sei uscito dalla mia vita e di te non so più nulla , ma ricordo quella vela bianca che ci sfiorò in lontananza ed era bianca quasi abbagliante, sparita anche lei nel nulla, ma non c’era vento
il profilo di un rapido gesto raccoglie la gioia improvvisa di bagliore svelato nel frangersi d’onda
di pioggia e lampi era il tempo di notti insonni a scrutare il vento