«Ho sempre provato la necessità di copiare la natura in oggetti minuti, particolari, fortuiti.
Soltanto dopo lo sforzo di volontà compiuto per rappresentare minuziosamente un filo d’erba, un ciottolo, un ramo, un brandello di muro vecchio sono preso come dal tormento di creare qualcosa di immaginario. La natura esteriore, così recepita e dosata, diventa, per trasformazione, la mia fonte, il mio fermento». (Odilon Redon)
Sono sempre stata attratta dai fiori dipinti, sono fonte inesauribile di colori e forme, in particolare i pittori del Nord, Olandesi, Fiamminghi nel diciassettesimo secolo (ad esempio Jan Davidsz. de Heem o Jan vanHuysum…) sono stati maestri nel “riprodurre” composizioni floreali pregevoli per delicatezza, i ritmi naturali che intercorrono tra il gambo e le foglie, tra i vari colori e i tipi di piante. Hanno catturato la fragile bellezza dei fiori e il senso di speranza e gioia che essi rappresentano.

Le loro composizioni appiaiono vive e viene da credere che il loro profumo e non il pennello dell’artista, abbiano attratto coccinelle e api nei loro petali. Sicuramente realistiche questa tele, ma forse non fino in fondo molti dei mazzi di fiori che loro dipinsero mai avrebbero potuto esistere in natura, insieme e fioriti nello stesso periodo dell’anno e la loro abiltà è stata anche nel creare effetti che la natura non poteva uguagliare.
Molti pittori si sono cimentati in composizioni floreali, si ricordano sempre i fiori di Van Gogh o quelli di Pierre-Auguste Renoir o in tempi recenti quelli di Georgia O’Keeffe,

tuttavia i fiori di Odilon Redon hanno un’ “atmosfera” diversa. Odilon stringe una profonda amicizia col botanico Armand Clavaud, che lo avvia alle teorie di Charles Darwin e gli “regala” la passione per i fiori, che lo accompagnerà fino alla fine e a partire dal 1900 inserì le nature morte floreali, da sole o sullo sfondo di latri quadri, in rutte le esposizioni a cui prese parte. Stringe una salda amicizia anche con il pittore Henri Fantin-Latour, grande “narratore di fiori”, ma il cui approccio alla composizione floreale è fondamentalmente realistico, anche se venato di “fantasia”, i suoi fiori sono sempre e comunque fiori reali, rigogliosi e magnifici nei loro colori e nelle forme preziose.

Redon al contrario “racconta” la realtà attraverso la memoria e l’immaginazione, donando alle sue tele una valenza evocatrice che travalica l’aspetto esteriore dei fiori. C’è grande armonia tra i dolori e le forme, i colori diventano anche parte integrante del segno e sono quelli della mnatira nel suo splendore e anche quando le tinte si fanno piu’ scure persiste la tenerezza della sfumatura che gioca spesso in trasparenze anche con le altre figure delle tele e che rivela la sua predilezione per il sogno e la fantasia.

Le sue pennellate sono spesso ovattate di colori accesi e spesso dissonanti sulle quali sono “sparse” piccole pennellate vibranti, a tratteggio o a piccoli tocchi liberi per sfrangiare la materia, mostrando una realtà dipinta altamente visionaria che raggiunse quasi l’astrazione, liberandosi da ogni vincolo compositivo.
