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la realtà del tempo

è l’alba
che tanto ho aspettato
inizio pieno del giorno

sgusciati dalla notte
liberi, occupiamo
la realtà del tempo

dal buio dell’inesistenza
provo a immaginare
la gioia dentro le
parole dette
quando distendi
i versi ancora chiusi
in bocconi di vento
vestiti di seta e candore

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Artemisia Gentileschi o delle donne pittrici

Autoritratto

Artemisia Gentileschi
italiana 1563-1639

forse tra le piu’ conosciute donne – pittrici, non solo per le sue indubbie qualità, ma anche per la sua storia personale, molto sopra le righe, che segnerà senza dubbio anche la sua pittura, il Longhi la definisce la prima grande pittrice italiana.
Figlia di Orazio, pittore ch seguiva le orme del Caravaggio, ma che poco si interessava della conduzione familiare e dei figli, lasciati senza problema alcuno alle cure della figlia..
Artemisia, subisce uno stupro giovanissima ad opera di in amico del padre il Tassi, anche lui pittore e poi uno estenuante processo che la prostrerà e le lascierà segni per lungo tempo
il silenzio del padre verso questa sua tragica vicenda sembrò molto ambiguo, soprattutto quando egli tornò tranquillamente a lavorare con Tassi..
nel 1612 appunto ebbe inizio il processo per stupro, terminerà dopo cinque mesi con una lieve condanna per Tassi. Artemisia subirà l’umiliazione di plurime visite ginecologiche pubbliche, verrà torturata, ma non ritratterà mai la sua deposizione. Non fu mai creduta.
Un mese dopo la fine del processo Artemisia, insieme al marito Pietro Antonio di Vincenzo Stiattesi, sposato nel novembre del 1612, si trasferisce a Firenze dove viene introdotta alla corte del granduca Cosimo II. Il successo è immediato, inizia a ottenere lavori su commissione.
Moglie, madre, pittrice. Vivere a Firenze non è semplice: tornerà a Roma dove vivrà un periodo molto felice dal punto di vista artistico. Tra il 1625 e il 1630 è quasi sicuramente a Venezia. Nel 1630 è a Napoli. Nel 1637 giunge alla corte di Carlo I d’Inghilterra. Dopo la morte del padre Orazio, avvenuta nel 1639, torna in Italia. Muore qualche anno più tardi, stanca e dimenticata.
**Anna Banti nel suo libro “il romanzo di Artemisia” così la definisce:
“pittrice valentissima. Oltraggiata, appena giovinetta, nell’onore e nell’amore. Vittima svillaneggiata in un processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito fra i sessi.”
Nella pittura di Artemisia la donna perde quella funzione decorativa, tanto richiesta dai committenti, per recuperare invece una statura morale.
La pittrice ci offre una figura di donna che trascende la norma femminile dell’epoca.

Giuditta decapita Oloferne
Delle diverse versioni della Gentileschi di Giuditta che decapita Oloferne la prima viene realizzata a Roma proprio nel periodo del processo e delle torture di Artemisia.
Le femministe degli anni ’70 hanno colto nel dipinto tutto il dramma di Artemisia stuprata, questa è la lettura più semplice e conosciuta, non ci è dato sapere se è la più corretta…… Artemisia non è qui a rispondere a questo interrogativo,…… di lei ci rimangono i dipinti e il bellissimo romanzo di Anna Banti che dà voce ad un’artista inquieta e passionale capace di lottare contro le convenzioni dell’epoca in cui visse.

Susanna e i vecchioni
Susanna era la moglie di un uomo ebreo e ricco che visse in Babilonia durante la cattività babilonese. Susanna era solita fare il bagno nel suo giardino, e uno giorno due uomini vecchi della comunità si nascosero e l’aspettarono. Quando Susanna fu sola e nuda, i due uomini si mostrarono e la minacciarono, dicendole che se lei non si si fosse loro data, avrebbero dichiarato di averla vista commettere adulterio con un giovane. Questo crimine era punibile da morte. Susanna resistè e fu proccesata e condannata a morte. All’ultimo momento Daniele, uno dei profeti, arrivò a svelare l’unganno e l’innocenza di Susanna fu provata..
Molti ravvisano nelle due figure dei vecchi, il padre di Artemisia e il Tassi (suo stupratore), e anche un chiaro riferimento a quanto a lei successo.
Sono evidenti la definizione plastica dei volumi e l’efficace scivolamento delle ombreggiature, soprattutto sulle piegature corporee e sugli arti superiori della fanciulla minacciata, che caratterizzano la solidità costruttiva delle forme e il deciso naturalismo della narrazione, rendendo infine attuabile l’esercizio femminile, fino allora intentato, del nudo integrale,

Madalena penitente
Al periodo fiorentino appartiene la Maddalena penitente, dipinta con una sontuosa veste, che forse ricorda i “colori” del Cigoli, da lei studiato con particolare interesse durante la stesura degli affreschi romani in Santa Maria Maggiore.
Nella resa perlacea dell’incarnato si manifesta quella pienezza corporea di adesione agli stilemi barocchi, in linea con la florida consistenza di forme , patrimonio dalla tradizione del gigantismo michelangiolesco.
Mancano i simboli della “vanità” (lo specchio e i gioielli), forse ad indicare, come lo sguardo rapito ed intento quell’ideale rifiuto dei valori terreni, di ascendenza caravaggesca e fiamminga, che accanto al realismo figurativo consente ad Artemisia di aprire una breccia significativa all’interno del sonnolento panorama culturale della città medicea, influenzando forse pittori come Fontebuoni, Furini e Coccapani, già orientati verso le sperimentazioni del naturalismo caravaggesco.
Lei era un artista del periodo Barocco che fu influenzata da pittori come Caravaggio e allo stesso tempo si potrebbe dire dipingeva come Rubens. Non solo era un artista femmina, ma per certi versi dominò la scena del Barocco che fu quasi esclusivamente maschile.

concordo moltissimo con l’analisi che ne viene fatta sull’enciclopedia delle donne che vi lascio sotto
“””La fama di Artemisia è grande presso i contemporanei, anche se la sua fortuna più recente è forse più legata agli aspetti drammatici e romanzeschi della sua vita, e al suo coraggio nell’affrontarli, che ne hanno fatto quasi naturalmente una eroina femminista ante litteram. Questa lettura però rischia di offuscare la forza con cui Artemisia si impone come pittrice, e su generi decisamente lontani da quella peinture de femme sulle quali altre donne (non molte ma neppure pochissime) si erano avventurate sino a quel momento, limitata a nature morte, paesaggi, ritratti – pur con invenzioni straordinarie come quelle di Sofonisba Anguissola. Artemisia affronta la pittura “alta”: soggetti sacri e storici, impianti monumentali; con una totale padronanza della pittura, e abbracciando completamente la lezione caravaggesca, radicale nella concezione della scena, nel contrasto che descrive le forme e i colori, nella predilezione di un taglio ravvicinato che drammatizza il rapporto con lo spettatore, nell’abbandono di moduli iconografici convenzionali. Da sicura professionista dell’arte sa di poter esplorare anche toni più lirici, atmosfere più intime. La vasta gamma delle sue corde è insomma in piena sintonia con la vastità del sentire barocco.
Quindi si fa forse torto alla sua opera se la si considera solo come riscatto o sublimazione dalle violenze subite, poiché nella sua completezza, essa esprime una potenza e varietà poetica che vanno oltre la sua vicenda biografica.
Sono le sue stesse opere a porre con evidenza il tema del conflitto sia sotto l’aspetto tematico che figurativo, sia sotto l’aspetto formale che quello poetico, come si vede bene nelle sue Giuditte, che non lesinano concretezza né ai personaggi che mette in scena, né alle ferite che esse mettono in atto. E#` ugualmente eloquente la ricca serie degli autoritratti, così come i nudi, così poco idealizzati.””””

le donne di Artemisia

Cleopatra
Lucrezia

accetta la mia pazzia

accetta la mia pazzia
quando mi esce dalle labbra
come melodia ricorrente di
un vecchio violoncello

le cuciture dei segreti
sono sgualcite, smerlate
chiedono l’oscurità della notte,


e il sonno – nere farfalle
colpite da luce improvvisa –

entra a piedi scalzi
nei giardini invisibili
a colorare i vecchi desideri

l’amoroso gioco dei rimandi

vibra l’acqua alle tue carezze oh luna
quando lambisci l’orizzonte
in un sussultar di onde
l’amoroso gioco dei rimandi
infiamma cuori solitari
e languido è il guardare di occhi stanchi

d’eclissi non sarà più tempo
e la marea esonderà
nell’umida nascosta insenatura
a raccogliere il tesoro
di un plenilinio racchiuso dentro il mare

il dolore è uno spazio vuoto

But sometimes when the night is slow,
the wretched and the meek,
we gather up our hearts and go
a thousand kisses deep
.

Leonard Cohen

il tempo rubato scivola sui fianchi
lascivi delle memorie e nuvole aspre
distendono grigi nel gelo soffiato
da bocche arse e urlanti

–Ritorna se vuoi–

— Ritorna se puoi —

ritornami in mente
nei campi ondulati
di un luglio da mietere al sole
nei prati bagnati
da gocce perlate di fresca rugiada

scendono distese a valle le ombre
di un tramonto d’estate
in file di rossi a foglie sparsi

il dolore è uno spazio vuoto
di desideri ormai cenere

“per un amore malato”

ad una “donna” che la violenza sotto forma di amore malato e possessivo ha spento per sempre

cammina sotto la pioggia
senz’ombrello
non vede le gocce
che bagnano
il suo impermeabile giallo

l’acqua spazza la polvere
della memoria dal suo volto stanco
percorre la strada senza ritorno
smarrita dai giorni consumati

cadono lacrime dagli alberi
a bagnare le ultime foglie
uno sparo,
e passi frenetici risuanano aspri
sull’asfato macchiato a sangue

Rebus Sic Stantibus

Timeo Danaos et dona ferentes

4000 Wu Otto

Drink the fuel!

quartopianosenzascensore

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