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Dorothea Lange o della fotografia al femminile

Dorothea Lange
1895 – 1965

quando era ragazzina il mio sogno era diventare fotografa e fare le foto di Dorothea Lange!!! e appena mi regalarono una macchina fotografica cominciai a girare per le strade e volevo cogliere l’attimo, come forse solo la Lange era riuscita a fare
supera una difficile malattia la poliomielite in età giovanile e persegue imperterritaquello che era il suo sogno: la fotografia, studia a New York con White e collabora anche con Arnold Genthe, ma la sua vera attività inizia a San Francisco nel ’18, dove rimarrà fino alla morte
la Lange è una parte ormai di Frisco e della California, si sposa e ha due figli, e comincia davvero una nuova trada, aderisce al movimento “straight photography” e comincia la sua carriera difotografa-documentarista che la porterà per le strade, per i quartieri disagiati, fra i senza tetto e senza terra e senza lavoro e racconterà per immagini il terribile periodo della grande depressione
lei usava dire che questo suo documentare in maniera precisa una situazione sociale così difficile attil’attenzione della “Rural Resettlement Administration” che diventerà col tempo la FSA (Farm Security Administration) che le commissionaìerà un gran numero di reportages sulla condizione degli immigrati, degli operai, dei braccianti
divozia dal marito e sposa un economista Paul Schuster Taylor e la loro vita di coppia diventerà anche un lavoro comune, Paul farà interviste, scriverà articoli, analisi economiche e statistiche che supporteranno il lavoro documentaristico di Dorothea
alcune sue foto divennero immediatamente molto famose e varcarono anche l’Oceano, come “Migrant mother” diventata l’emblema per molti fotografi americani e non solo, ritrae una donna Florence Owens Thompson, di circa 30 anni che lavorava in un campo di piselli in California, madre di sette figli viene ritratta con uno di essi in braccio e un altro coccolato sulla sua spalla, questa ò solo una foto di una serie che la Lange girerà in quel campo e che si trovano presso la bibblioteca del Congresso

“Migrant mother”

Dorothea Lange documenterà anche uno dei momenti piu’ spiacevoli per non dir di peggio della storia americana, quando nel 1942, per volere del presidente Roosevelt, l’Ordine Esecutivo 9066, all’esercito fu consentito di creare delle aree militari nelle quali concentrare tutti coloro che, per qualunque motivo, potevano essere ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale e in questo caso i pericolosi furono 120.000 persone di origine giapponese

alcuni i cosiddetti “Nisei” (cittadini statunitensi di origine nipponica) altri gli “Issei” (Giapponesi che vivevano negli Stati Uniti da un tempo più o meno lungo pur non avendo, spesso per ragioni indipendenti dalla loro volontà, ottenuto la cittadinanza USA)
fu una vera e propria deportazione , persone vennero caricate sui pulman, camion o sui treni e trasferite in alcune zone controllate e in veri e propri campi di concentramento, far i quali quelli di Tanforan, Topaz, e Manzanar, che divennero famosi per i dipinti di Hisako Hibi ( di cui vi parlerò nei prossimi giorni) e che i cittadini americani non vogliono ricordare… soltanto il Presidente Reagan durante il suo mandato si recò a Tanforan e fece un discorso in cui si potevano leggere delle scuse rivolte ai cittadini giapponesi sottoposti a questo internamento.. davvero un brutto episodio che solo raramente trova spazio nei libri di storia
Dorothea Lange fece diverse foto, sempre su Commissione governativa e cercò per quanto possibile di documentare quella realtà che anche il grande Ansel Adams fotografò in particolare la realtà del campo di Manzanar e questa sua collezione che intitolò “Suffering under a Great Injustice” ( il titolo parla da solo),
forse qualcuno di voi conosce la “Magnum” una delle più grandi Agenzie di fotografia e anche la rivista “Aperture”, esse sono due creature di Dorothea Lange che ha contribuito a far nascere e a far prosperare…
i suoi ultimi anni furono molto dolorosi l’acuirsi della poliomielite che l’aveva colpita bambina e non riuscì a finire tutti i progetti che si era prefissata..,
a me personalmente piace tantissimo è stata appassionata e tenera con la fotografia come con un grande amore…
importante:

presso “The Library of Congress” potrete trovare circa 4.000 foto di Dorothea Lange, basta inserire il nome Dorothea Lange nella stringa di SEARCH

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Lewis W. Hine o del lavoro minorile

Macon, Georgia, Stati Uniti, Gennaio 1909

Lewis W. Hine
(1874-1940)

è nato a Oshkosh nel Wisconsin e ha studiato sociologia all’Università di Chicago e New York, diventando un insegnante, poi ha usato la fotografia come un mezzo per raccontare le sue “preoccupazioni sociali”

il suo primo lavoro fotografico caratterizzato dalle immagini degli immigrati di da Ellis Island
nel 1908, Hine abbandona il suo posto di insegnante per un lavoro a tempo pieno come fotografo investigativo per il Comitato Nazionale sul Lavoro Minorile, e ha poi condotto una campagna contro lo sfruttamento dei bambini americani

dal 1908 al 1912, Hine ha preso la sua macchina fotografica e ha girato in tutta l’America per fotografare i bambini anche di appena tre anni di età che lavorano per lunghe ore, spesso in condizioni pericolose, in fabbriche, miniere e campi
Hine è stato un fotografo di grande talento che ha guardato i suoi giovani soggetti con l’occhio carico di grande umanità

nel 1909, ha pubblicato il primo di molti saggi fotografici raffiguranti bambini lavoratori a rischio, in queste fotografie, l’essenza della giovinezza sprecata è evidente nei volti tristi e anche arrabbiati, alcune delle sue immagini, come la ragazza nel mulino che si intravede dalla finestra, sono tra le più famose fotografie mai scattate

durante la prima guerra mondiale, ha documentato la situazione dei profughi per la Croce Rossa Americana, successivamente ha documentato la costruzione di l’Empire State Building nel 1930-1931 e appendendosi a testa in giù da una gru per fotografare gli operai

al Museo Getty si può trovare una raccolta delle sue foto!

Lavoro minorile oggi:

Se vivessero tutti in unico Paese, costituirebbero il nono Stato più popoloso al mondo: sono i 152 milioni di minori tra i 5 e i 17 anni, 1 su 10 al mondo, vittime di sfruttamento lavorativo, di cui quasi la metà – 73 milioni – costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che ne mettono a rischio la salute e la sicurezza, con gravi ripercussioni anche dal punto di vista psicologico

Questa terribile piaga non risparmia neanche l’Italia dove, solo negli ultimi due anni, sono stati accertati più di 480 casi di illeciti riguardanti l’occupazione irregolare di bambini e adolescenti, sia italiani che stranieri. Un numero senza dubbio sottostimato a causa della mancanza, nel nostro Paese, di una rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno. Basti pensare che secondo l’ultima indagine sul lavoro minorile in Italia, diffusa dalla nostra Organizzazione e Associazione Bruno Trentin nel 2013, i minori tra i 7 e i 15 anni coinvolti nel fenomeno erano stimati in 260.000, più di 1 su 20 tra i bambini e gli adolescenti della loro età.

IL LAVORO MINORILE NEL MONDO
Nonostante i progressi significativi compiuti negli ultimi 20 anni, il mondo è ancora lontano dal raggiungere l’obiettivo di sradicare ogni forma di lavoro minorile entro il 2025, come previsto negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, e in base al trend attuale, in quella data, vi saranno ancora 121 milioni di minori vittime di sfruttamento lavorativo.

Del totale dei minori vittime di sfruttamento lavorativo oggi presenti al mondo, 79 milioni hanno tra i 12 e i 17 anni di età, mentre 73 milioni sono molto piccoli, tra i 5 e gli 11 anni, e quindi ancor più vulnerabili ed esposti al rischio di conseguenze sul loro sviluppo psico-fisico. Quasi la metà del totale (72 milioni) si trova in Africa, con Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad che fanno registrare le percentuali più alte di bambini tra i 5 e i 17 anni coinvolti nel lavoro minorile. In questi Paesi, infatti, lavora più di 1 bambino su 2; quasi 1 su 3 (29%) se si considera l’area dell’Africa subsahariana dove, rispetto al passato, la lotta al lavoro minorile non soltanto non ha fatto registrare alcun miglioramento ma, al contrario, ha visto un incremento del fenomeno.

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