all’ombra di un albero di una città d’erba verde sul far del crepuscolo mi sento perdermi in vento
stretta sotto lo scialle di mia madre sognai di me bambina di quelle sere impreviste fatte di passi conosciuti a ricordare l’incontro delle assenze nella fantasia di una attesa
lo so , piena di questo scrivo sola liberata anche dal nulla della finzione m’immergo nel mio sguardo e mi riconosco
è l’alba che tanto ho aspettato inizio pieno del giorno
sgusciati dalla notte liberi, occupiamo la realtà del tempo
dal buio dell’inesistenza provo a immaginare la gioia dentro le parole dette quando distendi i versi ancora chiusi in bocconi di vento vestiti di seta e candore
cerco il fuoco della terra quello del cielo lo lascio a Prometeo, nessun prodigio dell’invisibile nè vittima sacra non vesto il cilicio dei profeti,
fanciullezza, rivoluzione, follia, a disgregare l’orologio della ragione a ingoiare giudizi prima della mia nascita, a spezzare eredità di parole, voce, reiterata voce a me migrante.
Il piede batte scattante sul suolo di legno, la mano ruota con grazia su braccia di luce, gesto languidamente giocato da polso sottile ed ambrato,
gonna ricamata da fiori multicolori piroetta – si muove- qual fiume che ha smarrito la foce, onda cadenzata a svelare bianche caviglie,
sui suoi capelli di zingara geme la notte, al muover della gamba si copre di rugiada la terra,
occhi lucidi nel buio azzurino accarezzano il tuo viso
affondano sulla tua bocca e danzano al ritmo del tuo desiderio.
*** io ho incontrato il fandango in tempi molto lontani e mi ha rapito più del flamenco, ne ho visto esecuzioni popolari e alcune più “colte” e vi lascio alcune informazioni reperite dal Web (enciclopedia Treccani e Wikipedia), che sono fonti decisamente più sicure delle mie parole!Il video è mio con immagini di una serata di danza …
il fandango è danza spagnola che nasce in Andalusia come varietà della seguidilla (una canzone originale intitolata Seguidilla compare nell’Atto I dell’opera Carmen di Georges Bizet ), un tempo era eseguita a due e i suoi movimenti molto sensuali ne avavno proibito per un certo periodo l’esecuzione, era accompaganta da chitarre e da nacchere che ne segnavano il ritmo. di origine secentesca ha un andamento vario (in misura/”>misura binaria e movimento lento, oppure in misura ternaria e movimento rapido). Esempi colti si trovano nell’opera di C.W. Gluck, W.A. Mozart, N.A. Rimsji Korsakov e M. de Falla. Boccherini, Soler , Scarlatti.
il flamenco Genere musicale di origine gitana, che presenta affinità con la musica araba; pur nella grandissima varietà di forme, predomina nel f. un sentimento di malinconia, ottenuto generalmente dall’insistente ripetersi delle frasi musicali e dalle inflessioni languide. Il f. può essere solo canto (la debla, la saeta, la tond, il martinete), o richiedere l’accompagnamento della chitarra o, ancora, essere danzabile Dal principio del XIX secolo, il flamenco adottò tratti dei fandanghi andalusi dando così luogo ai cosiddetti “fandangos aflamencaos” che sono considerati oggigiorno come uno dei palos del flamenco fondamentali.
la quarta dimensione / di pensiero verticale / esercita il potere dell’andar oltre, oltre il cosciente e gioca a scavalcare le biglie colorate gettate sulla sabbia del mar Meditterraneo
la quinta dimensione / di spazio obliquo / esordisce su livelli diversamente abili ad esorcizzare il valore del segno potando le differenze consapevoli
la sesta dimensione / di tempo estetico / fruibile con una certa precisione allenta i morsi dei cavalli bianchi di De chirico, perduti nell’alta marea
lunghezza altezza profondità lemmi di etimologia grafica o appisolanti parole sparse?
a volte ritornano come flash memorie lontane degli anni della giovinezza, dei 17, 18 anni, che si pensava non esistessero più e si fanno avanti come sensazioni per un particolare, per qualche piccola cosa insignificante che ci è rimasta incollata ai pensieri come ci racconta Tenco… quasi sera, e tu eri con me, eravamo seduti accanto al mare. e sopra la sabbia, le orme dei nostri piedi scalzi tu mi parlavi, e io guardavo una vela passare: era bianca, era gonfia di vento, era ormai quasi sera. e non ricordo altro, né la voce che avevi, né il nome che avevi, sei uscito dalla mia vita e di te non so più nulla , ma ricordo quella vela bianca che ci sfiorò in lontananza ed era bianca quasi abbagliante, sparita anche lei nel nulla, ma non c’era vento
il profilo di un rapido gesto raccoglie la gioia improvvisa di bagliore svelato nel frangersi d’onda
di pioggia e lampi era il tempo di notti insonni a scrutare il vento