comincia nel cuore questo freddo, arrivato d’improvviso, senza bussare alla porta con discrezione si accoccola ai miei piedi e pretende di arrivare ai miei pensieri, con insistenza, decisione impotente, stanca e senza desideri lo lascio vagare sulla mia pelle, giocare con le mie labbra, sfiorare i miei occhi pur sempre un amico che arriva quando meno lo vorrei, è un amico un compagno di tempi che si succedono e che non vogliono mai allontanarsi del tutto lo temo e mi fa compagnia, gela le malinconie e i pianti, tramuntando le lacrime in cristalli salati, lasciando la pelle tirata che potrebbe spezzarsi al primo movimento gli occhi mi dolgono, hanno dentro piccole punte di ghiaccio che impediscono loro il sonno e il riposo, come cime innevate che il sole non vuole scaldare avvolgimi malinconia con un panno colorato e culla un corpo che ha bisogno di fuoco a volte accade che la malinconia si faccia uccello e mi racchiuda fra le sue ali, ma basta un lieve soffio di vento o un rosso o un giallo ad allontanarla da me
sono stati giorni di silenzio dal cell e dal computer, in cui ho voluto solo godere della presenza di mio marito, di mia figlia , di suo marito e della loro splendida bimba , la mia adorata nipotina Alya, nulla si è intronmesso nella nostra vicinanza, tranne una video-chiamata con le sorelle e i nipoti per la vigiglia e devo dire che ho avuto tempo e tempo per passare in rassegna la mia età e tutte le tappe che mi hanno condotta fino ad oggi ho avutà una infanzia molto felice, anche se mia madre per alcuni anni ha insegnato lontana da noi, ma avevamo nonna Colomba che era una forza una sicurezza un rifugio, una certezza e poi mio padre, forse taciturno, forse a volte scontroso, ma con tanto desiderio di farci conoscere le bellezze del mondo, ma anche i grandi problemi legati al sociale la mia adolescenza è stata un esplodere di desideri , di letture, di colori, di pennelli e di visite a musei, di amicizie importanti che mi seguono anche ora e poi la giovinezza e l’amore per la poesia, per la “lotta” politica , per le ingiustizie, per le manifestazioni, per le petizioni, per tutto quello che mi faceva sentire viva e partecipe della realtà che stavo vivendo e le prime cotte, i viaggi, i lavori di ogni tipo e ovunque per essere il più indipendente possibile anche economicamente, poi verso i 20 anni è arrivato l’amore quello del per sempre, un amore non facile, lui straniero con 6 anni più di me, e già con una carriera avviata che l’avrebbe portato in giro per il mondo e la mia non voglia di legarmi , ma di amare e vivere il nostro amore senza vincoli ufficiali, senza anelli o benedizioni varie, il mio desiderio profondo viscerale di libertà anche in amore poi la laurea, il lavoro subito a 23 anni e poi in giro per paesi a me sconosciuti, l’imparare una lingua che mai avrei immaginato di conoscere e vivere in realtà a me tanto lontane e cominciare ad amare altri mondi oltre il mio spazio, la mia città, la mia casa, è stato in quel periodo meraviglioso di scoperta della diversità che ho iniziato a conoscermi e forse a volermi bene, il sentirmi a casa anche a 8000 km da Parma mi ha fatto capire quanto il conoscere, l’accettare gli altri da noi sia fondamentale, mi ha aperto gli occhi e quando è arrivata la mia bimba l’unica cosa che avrei voluto lasciarle era il desiderio di conoscere e di non giudicare mai, ma di ascoltare e riflettere senza lasciarsi fuorviare da mode idee e di dubitare sempre prima di prendere una decisione conosci te stesso diceva il caro Socrate, ma io aggiungo per conoscere se stessi si deve cercare di ascoltare gli altri e di conoscerli, perchè spesso anche in chi ci è più lontano possiamo trovare un pezzo di noi stessi ho coltivato dall’adolescenza il piacere dello scrivere “versi” che poi versi non sono, sono solo pensieri ed immagini che arrivano e che mi viene voglia di fermare con la scrittura, come ho coltivato la voglia del colore nelle tele dei vari pittori che ho incontrato nei mie vagabondaggi, e un tempo coi pennelli, ma da molti anni giocando con la grafica digitale, i colori mi riempiono l’anima e allietano i giorni tristi e mi fanno riflettere nei giorni gioiosi, sono come la mia personale forma di autoanalisi!! ho visto molti paesi e molte raltà, ho incontrato molti volti e alcuni sono diventati parte essenziale della mia vita, ho ascoltato tante storie che sono diventate parte della mia, ho vissuto dolori grandi che pesano ancora e che mai se ne andranno, ma anche quelli sono vita quando ho compiuto 60 anni ho deciso di non nascondere più i miei capelli grigi, li ho tagliati corti corti ed ora sono molto orgogliosa della mia splendida chioma bianca e delle mie rughe, che mi raccontano tutti i momenti del mio vivere ho un carattere non facile, a volte sono molto severa con chi non accetta le proprie responsabilità e se ne fa carico, a volte mi assale la malinconia e allora mi rintano sui miei fogli, ma sono consapevole dei mie difetti e a volte li lascio sfogare un po’ e poi li richiudo nei cassetti! oggi sono sopratutto nonna , mi sento viva , anzi vivissima con la mia nipotina che il 30 dicembre ha compiuto 5 anni e che come regalo ha voluto una “batteria” già proprio una batteria che suona ormai da 8 mesi assieme al pianoforte! è una bimba rock, vivace e monella e bellissima e con lei vivo una nuova vita direi che ho soltanto 5 anni compiuti il 30 dicembre!
le mie età in foto non particolarmente belle, ma legate a momenti che ricorderò sempre
BUON ANNO! e le vostre età della vita?
CI RIVEDIAMO IL 28 DICEMBRE!” FATE I BRAVI, NON MANGIATE TROPPO E DIVERTITEVI, ANCHE SE IN POCHI SI PUO’ LO STESSO ESSERE FELICI!
composta da John Densmore, Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger
Nuotiamo verso la luna, uh huh Saliamo attraverso la corrente Penetriamo la sera che la città dorme per nascondersi Nuotiamo via stanotte, amore Tocca a noi adesso provare Parcheggiati in riva all’oceano Nella nostra vorsa verso il chiaro di luna
Nuotiamo verso la luna, uh huh Saliamo attraverso la corrente Arrendiamoci ai mondi in attesa e che schizza la nostra sponda
Nulla lasciato aperto e non c’è tempo per decidere Siamo scesi verso un fiume nel nostro viaggio al chiaro di luna
Nuotiamo verso la luna, uh huh Saliamo attraverso la corrente Tendi la mano per stringermi Ma io non posso essere la tua guida
Tranquillo, ti amo mentre ti osservo scivolare Cadere attraverso foreste bagnate nel nostro viaggio al chiaro di luna Viaggio al chiaro di luna
Andiamo piccola, facciamo un piccolo giro Giù lungo la riva dell’oceano Ci andremo davvero vicini Davvero vicinissimi Piccola, stanotte affogheremo Andremo giù, giù, giù
Moonlight Drive è un pezzo musicale molto inquietante, essendo una delle prime canzoni che Jim Morrison abbia scritto per i Doors, i Doors si sono formati dopo un primo incontro in cui Ray Manzarek è stato conquistato dai testi di Moonlight Drive di Jim Morrison questo peszzo penso abbia avuto le interpretazioni più probabili ed improbabbili della storia della musica, sì è detto di tutto e di più, io cercherò di darvi le varie interpretaioni che ho letto in giro nei vari Bolg e forum a lui deidcati e che mi sembrano le più interessanti e poi la mia che è un po’ fuori dal seminato! cominciamo…
1) darebbe l’impressione di una storia di una coppia che si corteggia. Ma un’analisi più attenta dei testi rivela un sottocontesto molto più oscuro. Il testo “Nuotiamo verso la luna, scaliamo la marea” indica una bella nuotata serale romantica. Ma, mentre ascolti, “Tu allunghi la mano per tenermi, ma non posso essere la tua guida” rivela un ulteriore motivo al protagonista della canzone. “Facile, ti amo mentre ti guardo planare – cadere attraverso foreste umide durante il nostro viaggio al chiaro di luna …” la canzone continua, “Baby sta per annegare stanotte, andando giù,
2) si tratta di sedersi sulla spiaggia e guardare la luce della luna sull’acqua e pensare di poter nuotare fino alla luna. Ma poi ti rendi conto che sei libero nel mezzo dell’oceano e che non sei su una strada sei in mezzo all’oceano, cercando di nuotare al chiaro di luna verso la luna. La gente penserebbe che sei pazzo per nuotare dentro o sotto la luna, per andare sulla luna. E hai avuto una persona che lo stava pensando con te ed erano là fuori a nuotare perché sei stato così coinvolto dal pensiero che hanno pensato di poter nuotare verso la luna. Le persone lo interpreterebbero come tentare di uccidere lei o te stesso per non aver realizzato in anticipo che hai solo pensato di poter nuotare nell’oceano al chiaro di luna.così
3) guardiamo la prima riga della canzone; nuotiamo verso la luna. Come sappiamo, a Jim piacciono gli dei greci e i lirici greci. E come sappiamo, Artemide era la dea (tra le altre cose) della verginità. Era anche associata a Selene, la dea della luna. Ergo, la luna è la verginità o il sesso in generale. Seconda riga, saliamo con la marea; possiamo quasi tranquillamente presumere che la “marea” significhi mare o oceano e non solo acqua. Il mare è un significante comune della sessualità femminile nell’arte, credo tramite Freud….
4) sesso, sesso, sesso, perdersi nel sesso e nel sesso con un pizzico di immagini di fertilità sul lato. Un ultimo verso interessante però; Andiamo, piccola, farò un piccolo giro – di nuovo, non c’è bisogno di spiegarlo. Giù, giù dal lato dell’oceano; facciamo musica dolce. Mi avvicinerò molto; presuntuoso ma va avanti allora. Diventa davvero stretto; comportarsi. Baby sta per annegare stanotte; Jim era ossessionato dalla morte, questo ricorda molto il Thanatos freudiano: la pulsione di morte. La ricerca della pre-conscia “Unità”. E come ha descritto Lacan, questo può essere ottenuto almeno temporaneamente attraverso Joissance. Le petit mort. ecc ecc, andando giù, giù, giù; per concludere con una sigaretta (ancora un’altra immagine freudiana).
5) Jim stava cercando “qualcosa al di là” e questo è forse qualcosa di più della morte per annegamento. Quando dice: “Arrenditi ai mondi in attesa”, sta parlando di aprire la tua mente all’intuizione. Penso che sia una morte simbolica della ragione e la rinascita nella visione poetica. Non è morboso, secondo me. Rimbaud, il poeta che ha studiato, usa anche il mare come simbolo per espandere la coscienza in “Bateau ivre” – Barca ubriaca.
6) Non c’è niente che lo confermi, ma molte delle prime canzoni di Jim parlavano del suo primo amore, Mary Werbelow, e di quanto gli mancasse, in particolare quando vivi su un tetto con nient’altro che una coperta e cibi in scatola. allora è facile perdere la persona amata. Le prime due stanze sono lui che le fa cenno di venire con lui e parcheggiare in riva all’oceano. Vuole stare da solo con lei nel loro viaggio al chiaro di luna. La terza strofa non è altro che autentica poesia: “Arrenditi ai mondi in attesa che ci lambiscono i fianchi”. Sta semplicemente dicendo che è disposto a tornare nel mondo “reale” con lei dopo che sono stati sul loro viaggio al chiaro di luna. La quarta strofa inizia a mostrare chiaramente che Morrison capisce che non può stare con lei – questo è prevalente in tutte le sue canzoni d’amore: “Raggiungi una mano per tenermi, ma non posso essere la tua guida. È facile amarti come Ti guardo planare. ” Per quanto Jim volesse stare con Mary, sa che non può, ma che è anche più disposto a rinunciare al suo amore per lei per diventare una star a LA piuttosto che stare con lei in Florida. E l’ultima strofa NON riguarda l’omicidio, ma il lasciar andare. Per quanto lo addolori, capisce che deve lasciar andare tutto, e il modo migliore per farlo è renderlo un sacrificio, “uccidere” i ricordi che lo perseguitano così tanto. Per dirla senza mezzi termini, “Moonlight Drive” è davvero una bella canzone d’amore. Per quanto lo addolori, capisce che deve lasciar andare tutto, e il modo migliore per farlo è renderlo un sacrificio, “uccidere” i ricordi che lo perseguitano così tanto. Per dirla senza mezzi termini, “Moonlight Drive” è davvero una bella canzone d’amore. Per quanto lo addolori, capisce che deve lasciar andare tutto, e il modo migliore per farlo è renderlo un sacrificio, “uccidere” i ricordi che lo perseguitano così tanto. Per dirla senza mezzi termini, “Moonlight Drive” è davvero una bella canzone d’amore.
la mia riflessione personale
Ho riflettuto a lungo sul fatto che la prima volta che ho sentito una canzone dei Doors sono stata immediatamente portata via, da qualche parte diversa da dove mi trovavo effettivamente. C’era un grande potere nelle canzoni. Gran parte delle cose di Morrison sono solo riflessioni poetiche – molte non sono, come Cobain, autobiografiche. Tutti e quattro i Doors erano ragazzi del college, e almeno Morrison e Manzarek si erano diplomati alla UCLA (Krieger potrebbe essersi laureato alla UCSB, per quanto ne so). Quindi quello che avevi qui era un gruppo di ragazzi istruiti esposti a molta arte e persino alla poesia e alla letteratura romantica europea / post romantica / decadente. Ora, con il passare degli anni ho iniziato a riguardare la poesia e i testi di Morrison, e mi sono resa conto che, davvero, possono essere piuttosto immaturi. Eppure eccoci qui, è morto da 40 anni e più, e stiamo ancora parlando di lui, e c’è ancora una barca carica di misticismo che lo cirdonda. Alcune di queste sono solo semplici circostanze, come con James Dean, che muore giovane, ma c’è dell’altro, erano una band esperta e competente guidata da un personaggio incredibilmente carismatico e sicuro di sé che arrivò a considerarsi un ibrido tra Dioniso, Blake, Byron e una sorta di sciamano new age. E mi sembra che ci credesse. I gruppi di quel tempo erano più personaggi da palcoscenico, ma non c’era molta “performance art”, che è quello che a me sembrano i Doors ‘ le esibizioni dal vivo erano: i primi esperimenti con la performance artistica spontanea, come i rituali, fatti dalla musica e dal canto, hanno preceduto molte cose molto teatrali degli anni ’70, come Alice Cooper, ma erano più spontanei ed ecco la parte importante: a differenza degli atti che seguirono, penso che Morrison sentisse di poter essere qualunque cosa avrebbe dovuto essere. Così ha scritto di emozioni molto vaghe, ma potenti, come la paura di un’apocalisse, la morte, la dissoluzione, la perdita di sé nel lusso dissoluto dei sensi. penso che ci siano * alcuni * testi autobiografici, ma molti degli altri erano come il genere “poem” in prosa, come fatto da Blake, Baudelaire, Rimbaud, ecc. Le sue canzoni suonano come un dipinto di Gustav Klimt o Aubrey Beadsley * sembra * – un po ‘spaventoso e tuttavia fatalmente attraente. Una volta che capisci che è da qui che proviene gran parte del lavoro di Morrison, si smetterà di pensare che stia scrivendo una canzone malinconica su una ragazza carina che non supererà mai, e invece sta cercando di far rivivere archetipi: Alexander, Dionysus, ogni grande eroe instabile e imperfetto. E dovrebbe avere il merito di averci provato, anche se è piuttosto immaturo nel modo in cui lo fa. Ma è morto a 27 anni: cosa poteva sapere realmente della vita? È davvero un discreto intelletto grezzo che era stato esposto a un’istruzione buona nella tradizione artistica occidentale, che era assorbito dallo spiritualismo pagano e stava cercando di scrivere poesie. C’è un sacco di output abbastanza tristi (a volte di non grande qualità, immaturi), ma mescolato con una potenza innegabile che ti attanaglia, al livello descritto da Karl Jung. Questa è la sua eredità, credo. Gli ultimi aderenti veramente impegnati alla decadenza romantica e quasi del tutto incontaminati dai cinici.
ma dopo l’urlo di dolore, arriva la Riconciliazione, che passa spesso attraverso il dolore, la morte, le lacrime della Madre, riconciliazione per i credenti tra Dio e L’Uomo attraverso la morte del figlio di Dio Riconciliazione che rappresenta sempre un sentimento religioso, e anche un sentimento laico, pieno, complesso che l’arte ha raccontato in momenti indimenticabili moltissime sarebbero le Rappresentazioni Sacre della Riconciliazione, ma in particolare vorrei ricordare la Deposizione del Beato Angelico, straordinario questo racconto, dove emergono in maniera palese i lati spesso contraddittori di questo grande frate-pittore, quello di religioso profondamente spirituale ed immaginoso e quello di pittore (uomo) pratico, curioso, sensibilissimo a tutte le impressioni fisiche e a tutte le possibili speculazioni artistiche. davvero una unione forte tra un sentimento religioso e un sentire laico di grande artista nonostante il carattere così potentemente drammatico, il tema affrontato dall’Angelico è stato da lui interpretato in armonia col suo temperamento prevalentemente e profondamente mistico e spirituale, cioè non come una rappresentazione di un episodio vivo e tragicamente straziante, ma quasi come una visione a lui apparsa in mezzo ad un sogno o ad una meditazione profonda ed astratta, sopra la scena regna una calma misteriosa, quasi un incanto struggente. è stato evitato ogni movimento esagerato, ogni scatto passionale, ogni esagerazione emotiva, si avverte un senso del dolore profondo, ma calmo, contenuto, soltanto nel gruppo delle Marie, il dolore raggiunge uno stadio più’ alto, più’ acuto, più’ umanamente vibrante e spontaneo in questa rievocazione così puramente spirituale, sta la grandezza di questa rappresentazione, di una Riconciliazione universale, una riconciliazione di tutti
RIFLESSIONI
alle fine di giugno 2000, mi trovavo a Roma e andai abbastanza per caso a vedere una mostra il cui titolo era “In cammino” e come sottotitolo aveva proprio “Il cammino dell’umanità verso la speranza” erano foto di uno straordinario raccoglitore di immagini, Sebastiao Salgado, che già faceva parte della mia collezione di “bianchi e neri” e devo dire che la sorpresa nel vedere quelle foto fu grande!!! Salgado è davvero uno strano personaggio, nasce come economista, ma attorno agli anni settanta cambia “mestiere” e comincia il suo lungo percorso di zingaro della fotografia, ha un progetto ardito per quei tempi che lui definisce “others americans” raccontare cioè gli americani del sud che sono condannati ai lavori dei campi nasce poi il progetto “Famine in the Sahel”, la narrazione della sopravvivenza in condizioni disperate e poi “Workers”, la condizione dei lavoratori manuali nell’era delle alte tecnologie e infine il suo capolavoro ( a mio avviso) “Migrations”, centinaia di fotografie scattate in 7 anni in credo 39 0 40 paesi per raccontare la condizione dei rifugiati e dei “migranti” sempre in cammino verso nuova speranza Sebastiao Salgado a chi gli chiedeva perché lui rispose: “My hope is that, as individuals, as groups, as societies, we can pause and reflect on the human condition at the turn of the millennium. In its rawest form, individualism remains a prescription for catastrophe. We have to create a new regimen of coexistence.” ***”La mia speranza è che, come individui, come gruppi, come società, siamo in grado di prenderci una pausa per riflettere sulla condizione umana al volgere del millennio. Nella sua forma più cruda, l’individualismo rimane una ricetta per la catastrofe. Dobbiamo creare un nuovo regime della convivenza “. *** in questo dicembre così particolare, dove un piccolo virus ha il potere di distruggere la nostrà quotidianità, i nostri pensieri e la nostra voglia di guardare con serenità al futuro, a me personalmente restano nel cuore le parole di Salgado e un nuovo modo di coesistenza è la mia speranza e con questa speranza concludo questo mio discorso partito dalla Natività e arrivato. non so bene dove forse è arrivato ai visi dei bambini di Salgado dove c’è tutta la drammaticità della loro condizione, ma nei loro occhi si affaccia dolcemente la speranza in una nuova umanità
forse guardando a loro e ai nostri figli e ai figli dei nostri figli, riusciremo a recuperare il desiderio di riconciliazione e anche di rinascita verso un nuovo, meno assurdo, destino
alla fine pensandoci Giotto ha dipinto anche per me, ha rappresentato “Una Natività” come anche un laico voleva sentirsi raccontare, la maestosità e nelle stesso tempo la morbidezza delle figure, dei visi, delle sensazioni, credo appartengano a tutta la collettività sia dei credenti , sia dei non credenti vorrei continuare il mio discorso sulla nascita e sul significato “laico” di questa parola, perché a dirla tutta credo che anche nel sentire dei non credenti ci sia un sentimento religioso che potrebbe essere rappresentato dal superamento di un credo religioso o di una fede ed essere un atteggiamento umano di rispetto verso la persona nella sua integralità, libertà, singolarità e diversità, e rappresentare anche il desiderio di riconoscere o di relazionarsi con il Mistero e forse anche nel porci continuamente domande sul nostro rapporto con gli altri nel momento della nascita la figura della MADRE ha da sempre racchiuso in sé la simbologia religiosa e profana senza alcuna distinzione LA MADRE terra, LA MADRE di Dio, sono sempre e comunque origine di vita, rinascita e salvezza molti Grandi hanno raccontato LA MADRE, definendola in tanti modi, Madonna, Maria, Vergine, alcune di queste raffigurazioni sono ormai all’interno della storia dell’arte, ma anche di quel “sentimento religioso” che appartiene all’Umanità intera vorrei ricordarne , alcune meno note, ma a mio “soggettivissimo” giudizio molto significative:
di Gerard David – La Madonna della pappa –
pittore molto popolare per il suo tempo, fiammingo, lavorò molto a Bruges, esportò le sue opere im molte parti d’Europa. tra fine ‘400 e inizio ‘500 le sue opere sono state più’ volte copiate, il suo lavoro si rivolgeva spesso verso temi religiosi, sempre con grande dolcezza di toni e di colori la scena è ambientata dentro ad una casa, dove sembra regnare quiete e tranquillità, molti sono i simbolismi che hanno avvolto il racconto degli oggetti nel quadro: la mela che rappresenta il peccato originale, il pane che rappresenterebbe l’Eucarestia, e la figura di Maria che sta facendo magiare il figlio, viene letta come strumento di salvezza in contrapposizione alla mela forse troppa simbologia che a volte distoglie dalla “pienezza” del quadro, che è a mio avviso una splendida ed umanissima espressione di una MADRE.
di Luca Cambiaso – La Madonna della candela –
pittore ligure nacque a Moneglia nel 1527, lavorò soprattutto nella sua terra e per la corte spagnola. questa Madonna della candela è forse l’opera più’ riuscita di quelle denominate “notturni”, che avevano come punto di riferimento un notevole rigore spaziale anche nella rappresentazione della figura, i colori sono pochi, ma sempre molto intonati e come in questo caso “caldi” e avvolgenti e dove la luce, non naturale, diviene un elemento fondamentale al racconto. sicuramente un’opera che rappresenta una adesione alle motivazioni della Controriforma, un cogliere la MADRE in un momento incredibilmente intimo e nello stesso tempo universale
di Gustav Klimt – Le tre età della donna –
è sicuramente uno dei dipinti che magistralmente interpreta le madri, nel loro passare del tempo e delle generazioni, la bimba dormiente, io credo sia il fulcro del racconto, in lei vi è la “religiosa” inconsapevolezza della crudeltà della vita, del dolore, ma anche un appagamento quasi sensuale della “nascita” nella figura della “vecchia”, col viso coperto come a non voler raccontare alla fanciulla cosa sarà il futuro, c’è un incontro con tanathos, forte, ma nel contempo non tragico fino in fondo, lo sfondo che l’avvolge è dorato e luminoso, sicuramente pervaso di sentimento religioso è la figura della “donna”, dove è racchiusa tutta la forza della “Grande Madre generatrice”, e in questo è l’essenza della maternità, generatrice di Umanità, questa Umanità che stiamo perdendo, guardando i visi delle donne contemporanee, che non hanno spesso il dono di vedere le loro “creature” avviarsi alla pienezza della vita, ma che nonostante tutto “amano”, amano profondamente e ancora conservano le lacrime purificatrici del dolore
di Picasso – Guernica –
in questo momento, e pensando al dolore delle madri, ho il desiderio di mettere come momento “religioso” alto , e “come un urlo contro la guerra” contro la disumanità che percorre senza freno le nostre strade, un dipinto che è evento già in se stesso, in cui non c’è quasi colore, non c’è rilievo o plasticità nelle figure, eliminando il colore il rilievo si stronca il rapporto dell’uomo col mondo; non c’è più vita, rinunciare al colore significa affidare all’efficace contrasto del bianco e del nero il senso di tragedia e di angoscia della rappresentazione della morte, dove ancora vengono rappresentate MADRI una donna urla per la morte del figlio una donna alla finestra brandisce una fiaccola una donna corre come una pazza verso il cavallo
mi sono sempre chiesta perché, durante il periodo “natalizio”, il mio pensiero così profondamente laico, sia sempre andato al racconto che GIOTTO fa della Natività nella Cappella degli Scrovegni mi ha sempre “preso” nelle maglie del suo racconto essenziale, “pulito”, sereno, ma anche pieno di grande pietas, di grande partecipazione, una nascita, certo non comune, ma sempre una nascita Giotto aveva tagliato la sottile cordicella che legava la pittura ai modi e alle tradizioni bizantine, e sui muri delle cattedrali dipingeva le storie di Cristo e dei santi con grande vivacità e realismo, togliendole dall’astrattezza bizantina per calarle nel contesto semplice e quotidiano della vita, molta umanità, molta fedeltà alla natura, all’uomo, colori vivi, composizioni armoniche a volte perfette “i racconti” della Cappella degli Scrovegni evidenziano una maggiore distensione e morbidezza delle forme, anche il tono del racconto sembra farsi più grave e pacato, e soprattutto il paesaggio, benché più sobrio ed essenziale che ad Assisi, è in perfetta rispondenza ed armonia col ritmo del racconto…. possiamo, volendo leggere in quelle “storie” parte del nostro quotidiano, attraverso il tempo, vissuto con partecipazione e raccontato con “pace” e serena armonia
La Natività
la composizione è come spinta verso il primo piano, eppure risulta chiaramente inserita nello spazio. per la decorazione del mantello della Vergine sono stati impiegati lapislazzuli, grande rilievo viene dato alle posizioni dei personaggi; tutti sono rivolti verso il bambino tranne Giuseppe,incredibile Giuseppe, il quale è addormentato ai piedi della mangiatoia e spicca nell’immagine (rispetto alle altre figure) grazie ai colori (perfettamente conservati) dei suoi abiti.
La fuga in Egitto
uno dei più famosi affreschi della Cappella, è immerso in un panorama roccioso come quello nelle Stigmate di S. Francesco ad Assisi, tuttavia appare più morbido, meno rigido, Maria e il bambino formano un gruppo isolato nel centro della scena, la loro solennità è raccontata anche dalle pieghe ricche, meravigliose del suo mantello, il suo profilo è molto più convincente di alcuni di Assisi, come se Giotto si fosse liberato definitivamente del pregiudizio medievale, noi possiamo solo immaginare l’effetto sorprendente che questa immagine della Vergine ha dovuto avere sui contemporanei di Giotto, abituati come erano alle convenzioni rispettate dagli altri pittori.
stamane il cielo era plumbeo, si proprio plumbeo come dicono quelli che scrivono bene e alle 8 sembrava fossero le 7 di sera, poi d’improvviso il cielo è divenato quasi nero e pioggia pioggia con una intensità che mi ha un po’ spaventata e una umidità che avvolgeva anche le ossa! io ho pavimenti di marmo e vi assicuro che di solito scivolo veloce, stamane mi appiccicavo le scarpe come se avessi versato qualche tipo di collante sono le 17, ho fatto il caffè e mi mangio una fetta di torta di mele ,la mia favolosa e guardo fuori sconsolata è buio pesto e piove piove piove.. scusate il cell — Ciao Anna non ti capisco, rallenta,, che succede ** Mi è entrata l’acqua in cantina! e Giulio non è a casa! mi mandi tuo marito? — Scusa ma come ti è entrata hai vetri a chiusura stagna! ** Avevo aperto perchè entrasse un po’ d’aria — Mentre piove? ahahah..ma.. ** Senti mentre viene digli di portare anche il tuo bidone che aspira anche l’acqua –Provo a dirglielo, ma sai come è … dopo le 17 non è molto propenso ad uscire con la pioggia che viene… mentre chiudo il cell sento un ++Io non vado da nessuna parte! quella è una suonata tutti i giorni una novità e poi suo marito dove è che è sempre in casa? — Ma forse aveva bisogno del bidone per raccogliere l’acqua ++Che lo venga a prendere e poi lo riporti ! io non mi muovo! richiamo Anna –Senti F. non può venire gli fa molto mal la schiena (eh eh bugia…).. ma se vuoi il bidone di a Giulio di venire a prenderlo! ***Grazie glielo dico e arriva subito subito! ahhahhah ma Giulio non era fuori? e piove ancora eccome se piove
ho abitato a Parigi in rue Cortot, quasi vicino all'”armadio” , (come chiamava il suo appartamento) di Satie, ma non lo sapevo allora e me sono sempre dispiaciuta! ho incontrato Satie direi molti anni fa per merito del padre di Maria, una cara amica del liceo che suonava il pianoforte in un complesso Jazz, ma a cui piaceva sempre suonare alcuni pezzi di Satie e ho cominciato a divertirmi, ho cercato di conoscere. di ascoltare questo strano personaggio che girava sempre con la bombetta e un omblello sempre chiuso anche se pioveva si racconta che avesse una stanza sempre chiusa in cui nessuno poteva entrare e che aperta alla sua morte si scopri piena di ombrelli alcuni ancora confenzionati! amico di tutti gli artisti parigini da Picasso a Tzara veniva chiamato “Velvet Gentleman” perchè insossava sempre lo stesso abito di velluto grigio di cui ne possedeva diversi esemplari tutti uguali fondò anche una Chiesa di cui era l’unico frequentatore “l’Eglise Metropolitaine d’Art de Jésus Conducteur” e ne fece anche i 10 comandamenti e il rpimo di essi recitava:”“Non adorerai altro che Debussy”., benchè quindi affascinato dalla religione si chiedeva se fose nato per “una missione o una commissione“ si è districato fra tante tipologie di musiche persino la “musique d’ameublement” che sarebbe la musica d’arredo! o si direbbe ora d’ambiente la sua ironia spesso non veniva capita e penso che forse ancora ci sarebbe molto da scoprire su di lui, era tante cose nello stesso tempo anche in contraddizione fra loro, progressista sicuramente, ma anche conservatore, sarcastico e colto bizzarro e serio, anche nella sua musica mi siesce spesso difficile distinguere la gioia e la serietà, quasi in un gioco ambiguo e affascinante, un artista del non sense si definiva “gymnopeidiste” che non saprei come tradurre riferendosi ad una danza dell’antica Sparta di lui mi piace questa sua capacità di mescolare il sacro ed il profano con una raffinatezza rara! mi piace il suo modo lieve di accostarsi alla musica per poi diventare melanconico o ironico, profondo o dissacrante è molte cose nello stesso tempo quando lo ascolto sto bene, perchè mi fa, come dicono i bravi poeti, mi fa volare, mi perdo nelle sue note , che mutano o si ripetono all’infinito magari anche 840 volte! è ecclettico e forse per questo il mondo “accademico” non lo ha mai veramente apprezzato e penso anche che il suo bizzaro stile di vita abbia spesso coperto la sua bravura di musicista, ora si dice sia il padre del minimalismo e il precursore della musica ambient , ma credo sia molto di più sia unico e senza imitatori degni di nota amo molti piccoli brano che sento molto spesso e che secondo me racchiudono molto di Satie “Petite Ouverture a danser” ….” Choses Vues à Droite et à Gauche (Sans Lunettes)”… ecc
Claudio, abbi pietà di me , ma come sai sono assolutamente inesperta, ma amo la musica!
Il suo soprannome “Hoca” (che significa Lettore o insegnante) deriva dal suo lavoro per tutta la vita come insegnante d’arte nelle scuole civili e militari. Educato in una scuola militare, Hoca Ali Rıza si è dedicato uno spazio nell’arena della pittura, offrendo uno sguardo impressionista ai numerosi panorami di Istanbul la vecchia Istanbul era una meraviglia, che si è andata persa per tutte quelle costruzioni moderne che nulla hanno a che fare con il paesaggio. Tutto quello che sappiamo sulla città vecchia di Istanbul proviene dalle memorie di gentili abitanti di Istanbul, storici della città e fortunatamente dipinti di artisti turchi e stranieri del XIX secolo e prima. Forse, il pittore più venerato per i dipinti di Istanbul è Hoca Ali Rıza, il pittore-soldato che ha dedicato la sua vita a ritrarre l’ambiente favoloso della città, in particolare l’epico Bosforo. Hoca Ali Rıza è nato nel 1858 a Üsküdar, Istanbul. Sebbene alcune fonti affermino che sia nato nel 1857 o nel 1864, i suoi appunti personali, che ha lasciato a Süheyl Ünver il famoso storico di Üsküdar, sono precisi per il suo anno e luogo di nascita. È nato nel quartiere Ahmediye di Üsküdar come figlio di Mehmet Rüştü Bey di Üsküdar, un maggiore di cavalleria che era un calligrafo islamico dilettante. Gli anziani della famiglia di Ali Rıza, che erano burocrati ottomani civili o militari e appassionati d’arte, aiutarono Ali Rıza a imparare presto l’arte della pittura. Disegnava sui suoi libri di scuola, che non buttava mai via ma che teneva negli appunti fino alla fine della sua vita. Nel 1878, Ali Rıza fu iscritto al Mekteb-i Harbiye dove riuscì ad aprire un atelier di pittura, dopo essersi diplomato alla scuola militare di Kuleli. Ali Rıza ha ricevuto lezioni di pittura dai docenti d’arte del Mekteb-i Harbiye, tra cui Osman Nuri Pasha, uno dei primi pittori-soldati, Süleyman Seyyid e Monsieur Kes. Ali Rıza si diplomò al Mekteb-i Harbiye con il grado di tenente nel 1882 e fu nominato assistente alla cattedra di pittura presso la scuola. I funzionari decisero di inviare Ali Rıza a Napoli per continuare i suoi studi d’arte e pittura all’estero. Tuttavia, non è mai arrivato a Napoli a causa della diffusa epidemia di colera in quel momento. Ringraziando le sue capacità, Ali Rıza è diventato capo pittore presso la tipografia della scuola militare. Ha preparato tre libri da disegno per studenti militari, inclusi 30 modelli, per aiutarli a sviluppare le loro capacità di disegno. Nel 1895, creò disegni di “texture” per le ceramiche della Royal Ceramics Factory fondata da Abdülhamit II. Due anni dopo, incontrò Fausto Zonaro, il famoso pittore orientalista noto per il suo lavoro che ritrae la guerra greco-ottomana del 1897. Ali Rıza realizzò anche molti dipinti di battaglia durante la guerra. Ali Rıza divenne il presidente dell’Associazione dei pittori ottomani dopo la rivoluzione del 1908. Successivamente si ritirò dall’esercito per motivi di salute e iniziò a lavorare come insegnante di pittura civile in diverse scuole, tra cui la Scuola d’arte per ragazze, la Scuola d’arte per ragazzi e la Scuola femminile di Çamlıca. Hoca Ali Rıza ha vissuto modestamente in una casa in affitto a Üsküdar per tutta la vita. Il suo unico reddito era il suo stipendio come insegnante. Anche se si dice che abbia realizzato più di 5.000 dipinti e disegni, non ne ha mai venduti. Era troppo imbarazzato per contrattare per un dipinto. Dava la sua pittura in dono alle persone che amava. Il pittore-soldato era famoso per la sua velocità nel realizzare disegni a carboncino e acquarelli. Ali Rıza è un vero impressionista e come molti impressionisti, amava l’aria aperta e disegnava e dipingeva molti paesaggi di Istanbul. In genere ha scelto luoghi presso o vicino al Bosforo. Ha interpretato la vita cittadina ei paesaggi in vecchi quartieri come Bebek, Arnavutköy, Burgazada, ecc. Tuttavia, il suo posto più amato era Üsküdar, la sua comunità natale. Hoca Ali Rıza morì il 20 marzo 1930. I suoi figli fecero una mostra retrospettiva dopo la sua morte. Il defunto storico dell’arte Celal Esat Arseven ha incluso alcuni dei dipinti di Ali Rıza in una mostra collettiva tenutasi a Parigi. I suoi pezzi sono stati sparsi in varie collezioni ufficiali e private poiché amava regalare i suoi dipinti. Nel corso degli anni, l’arte di Hoca Ali Rıza è stata elogiata postuma e considerata una parte significativa della storia dell’arte moderna turca.